Risale al 1998 il primo studio sul cannabidiolo, il CBD, come neuroprotettore e già allora si era scoperto che questo cannabinoide preveniva sia la neurotossicità che la morte cellulare indotta dallo stress ossidativo.
Da allora la ricerca è aumentata, soprattutto negli ultimi anni sono stati eseguiti molti studi sul CBD e si è visto che contrasta l’invecchiamento delle cellule cerebrali, le protegge dai danni e, grazie alla sua azione antinfiammatoria che diminuisce la produzione di radicali liberi, ha effetti benefici nelle patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi multipla.
L’uso del CBD come integrazione e aiuto alle normali terapie potrebbe rallentare la progressione delle patologie neurodegenerative migliorando allo stesso tempo la qualità di vita del paziente riducendo dolore e spasmi e migliorando l’umore, risultando un sollievo anche per i disturbi psichiatrici.
Oltre al CBD anche CBN e bassi dosaggi di THC sono risultati protettivi per il cervello.
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